Lo Smart Working è un fenomeno che oggi ha avuto un’impennata a causa del coronavirus.
Dal punto di vista dell’organizzazione aziendale ha portato flessibilità su luoghi e orari di lavoro, e in alcuni casi anche la rivisitazione degli spazi lavorativi.
Ha permesso di rispondere in maniera resiliente alle emergenze dando continuità alla propria attività. E domani?
Contribuirà sempre di più a far sviluppare nuove competenze digitali e a cambiare la logica organizzativa basandola su responsabilità individuale e orientamento ai risultati.
Tra le aziende italiane, il 70% delle Grandi Aziende ha già messo in atto iniziative strutturate di smart working, quota che sale al 70% contando le iniziative informali messe in atto vista la situazione contingente e coloro che intendono implementarlo a breve. Per le PMI siamo a circa il 33% mentre le Pubbliche Amm.zioni al 29%
Fonte: Politecnico di Milano, Osservatorio Smart Working
Legge n. 81 del 22 maggio 2017 contiene le misure per la tutela del lavoro autonomo
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Paritá di trattamento economico e normativo per lo smart worker
Principio di volontarietá
Necessitá di accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore che espliciti i termini del lavoro autonomo
Tutela in caso di infortuni all’esterno dell’azienda
Il decreto attuativo del DL 23 febbraio 2020 n. 6 (misure urgenti sul coronavirus) viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
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Facilitazione all’avvio del telelavoro nelle zone colpite dalla emergenza sanitaria
L’azienda ha introdotto lo smart working nel 2012 con un progetto pilota che coinvolgeva 200 dipendenti.
Nel 2014 ha lanciato tale modalità su circa 2.800 persone che potevano lavorare fuori ufficio per 2 gg al mese.
L’anno successivo il numero è stato esteso a 3.500 dipendenti con 4 gg al mese.
Dal 2017 anche gli spazi degli uffici si sono evoluti in ottica di “flexible sitting” e “smart space”, e lo smart working viene dato a tutte le mamme e i papà.
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